Regia di Giulio Base. Con Ivano Marescotti, Virginia Diop, Nicola Nocella, Michele Morrone, Vito Mancini, Selene Caramazza
Genere Drammatico – Italia, 2020, durata 95 minuti
Una parabola laica che segna una decisa svolta per la produzione del suo autore
Giuseppe è il proprietario di un bar presso una stazione di servizio in Puglia. Fa ancora prezzi popolari ed è famoso fra gli abitanti dei paesi limitrofi per la sua bontà d’animo. Quando sua moglie muore all’improvviso si ritrova a gestire da solo il bar che porta il suo nome, e i figli Luigi e Nicola non sono in grado di aiutarlo: il primo perché è un tossicodipendente che campa di espedienti; il secondo perché fa il panettiere, ha moglie e figli e altro a cui pensare. Così Giuseppe decide di assumere una cameriera, e fra i tanti in cerca di lavoro sceglie Bikira, figlia diciottenne di immigrati africani. Non immagina che fra lui e la ragazza nascerà un sentimento forte ed esclusivo, contro il parere dei figli e quello della comunità locale, resistente all’idea di una coppia formata da un uomo bianco anziano e un’adolescente di colore.
Bar Giuseppe è una parabola laica che attinge evidentemente alle Sacre Scritture: il protagonista si chiama Giuseppe e si diletta di falegnameria, e Bikira in Swahili significa vergine.
Ma Giulio Base, sceneggiatore e regista del film, trasporta la vicenda ai giorni nostri e la ambienta in un non-luogo metafisico (complici le belle scenografie di Isabella Angelini), inquadrando i protagonisti in spazi (de)limitanti che ne comprimono le scelte individuali. C’è qualcosa di Hopper in quella stazione di servizio desolata, con l’insegna rotante in cima e il niente intorno. C’è anche qualcosa dell’etica dei Dardenne in questa storia di un padre assoluto, dotato della pietas che dovrebbe appartenere a qualsiasi genitore.
C’è tanto di interessante in questo film, che segna una decisa svolta nella produzione del suo autore: la scelta di rendere quasi muto il protagonista (e di dare all’intera narrazione alcune caratteristiche da film muto); quella di riprendere in campo lungo i momenti salienti, di confronto diretto fra i personaggi, contrariamente ai dettami del dramma e ancor più del melodramma, conservando la giusta distanza (non per forza sociale) fra loro, e fra noi e loro. Ivano Marescotti regge sulle sue spalle tutto il film come una croce, regalando un’interpretazione intima e trattenuta, ricca di sfumature e mezzi toni.
Recensione di Paola Casella: https://www.mymovies.it/film/2020/bar-giuseppe/
https://mega.nz/file/lH5nHIiA#T0u8uA5cIesq9o59DXK94L2JJ4t_0NkUUMdNh2ezsFw