FRENZY (Alfred Hitchcock)

Regia di Alfred Hitchcock un film con Billie WhitelawAlec McCowenJon FinchBarry FosterBarbara Leigh-HuntAnna Massey Genere Giallo – Gran Bretagna1972durata 116 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: V.M. 14 –

Frenzy, penultimo film di Hitchcock, giunse a risollevare la fama – e il morale – del regista dopo il fiasco di Topaz (1969) e dopo un decennio in cui l’entusiasmo del pubblico per i film del Maestro era andato pian piano raffreddandosi. Hitch aveva attraversato un periodo di incertezza prima di scegliere il soggetto del suo nuovo film; a quell’epoca aveva un contratto con la Universal che gli consentiva molta libertà di movimento, a patto che non superasse il budget, piuttosto basso, di tre milioni di dollari.
Finalmente Hitch si imbatté nel romanzo dell’inglese Arthur La Bern Goodbye Piccadilly, Farewell Leicester Square (pubblicato nel 1966), ne acquistò i diritti e cominciò a lavorarci sopra. La storia raccontava di un maniaco assassino di donne e aveva qualcosa in comune con una vecchia sceneggiatura che il regista aveva in mano fin dagli inizi degli anni ’60 e che a un certo punto aveva deciso di intitolare Frenzy; il titolo passò poi al nuovo film. Come sceneggiatore Hitchcock volle Anthony Shaffer, il cui dramma Sleuth, una sorta di thriller, andava in quel periodo per la maggiore sui palcoscenici di Londra e New York; la scelta si rivelò felice e il lavoro procedette spedito (pare che l’unico scontento del risultato fosse l’autore del romanzo).
Poiché l’azione del film si svolgeva a Londra, fu deciso di girare sul posto e negli studi inglesi di Pinewood. Era l’estate del 1971 e, a parte qualche ripresa per L’uomo che sapeva troppo nel 1955, Hitchcock non lavorava in Gran Bretagna da ben ventidue anni, e cioè da Paura in palcoscenico. La sua città natale lo accolse con grande entusiasmo; Hitch si sentì presto a suo agio e la lavorazione di Frenzy costituì così un’esperienza piacevole e divertente.
Gli interpreti, nonostante fossero perlopiù sconosciuti o quasi al pubblico americano, erano quasi tutti attori teatrali celebri a Londra: i loro volti poco hollywoodiani – insieme naturalmente alla recitazione, complessivamente di elevata qualità – contribuirono a determinare quel sapore “realistico” rintracciabile in Frenzy.
Il film fu presentato al Festiva! di Cannes nel 1972; Hitchcock vi giunse preoccupato e nervoso, ma tutto si svolse poi nel migliore dei modi: il film ricevette – in quell’occasione e in seguito – un’accoglienza calorosa, dissipando ogni timore del regista. Al successo di pubblico sì aggiunsero i riconoscimenti della critica internazionale; qualche riserva venne fatta a proposito delle scene di maggior crudezza, abbastanza lontane dalle rappresentazioni di violenza dei film di Hitchcock, di grande drammaticità, certo, ma per lo pìù “stilizzate” (c’è da dire, anche per quanto riguarda le immagini di nudo, che la censura si era venuta in quel tempo allentando: eppure la decisione di Hitch di girare Psyco, dieci anni prima, in bianco e nero per evitare il rosso del sangue di Marion Crane non era dovuta a motivi di censura, ma a una scelta stilistica ben precisa). Più fredde furono invece le recensioni inglesi, forse per un certo risentimento nei confronti del regista, che non aveva trattato poi tanto bene l’immagine del suo Paese.
A prima vista può sembrare incredibile che Hitchcock sia autore di film tanto diversi gli uni dagli altri: ogni volta egli sa svelare un aspetto nuovo, e sempre estremamente interessante, delle possibilità offerte dalla “settima arte”. In Frenzy colpisce la caratterizzazione in chiave realistica degli ambienti e dei personaggi (la routine quotidiana al Covent Garden, i pub, i mercati, il sudore di Rusk, il suo vizio di tormentarsi i denti), la crudezza di certe scene (l’omicidio di Brenda, la “colluttazione” di Rusk con il cadavere di Babs), la capacità del regista nel rendere – lui, ormai ultrasettantenne – alcuni aspetti, anche se forse i più esteriori, della vita contemporanea (i problemi dell’inquinamento, le libertà del linguaggio, i rapporti di coppia). Colpisce l’attenzione dedicata al cibo, con il suo implicito riferimento alla fisicità e alla “carnalità” presenti in tutto il film (la frutta e la verdura ai mercati, l’uva regalata da Rusk a Dick, le patate fra cui è nascosto il corpo di Babs, la mela morsicata da Rusk prima e dopo l’uccisione di Brenda, le uova con il bacon divorate con gusto dall’ispettore e, soprattutto, la serie di disgustosi manicaretti propinati a quest’ultimo dalla moglie). Colpisce infine l’impossibilità di identificarsi con alcuno dei due protagonisti: Rusk è viscido e odioso e, a differenza di Norman Bates, non desta il minimo sentimento di compassione; Dick è immaturo e egoista e, per quanto sfortunato, non fa quasi mai pena. Davvero azzeccata la definizione che Truffaut diede del film: “una nuova fiaba macabra, dalla quale ogni sentimento è escluso”.
Molte novità, dunque. Eppure, a ben guardare, Frenzy è disseminato di parecchi temi rintracciabili in tutta l’opera di Hitch. Vi è il leitmotiv dell’innocente ingiustamente accusato e della non attendibilità delle apparenze, che si unisce al tema altrettanto ricorrente della ricerca dell’assassino; vi sono le difficoltà del matrimonio e dei rapporti uomo-donna, spesso infelici, se non addirittura violenti o tragici; precisi riferimenti – non solo nella trama, ma anche nei dialoghi, dove viene citato Jack lo Squartatore – rimandano al primo film di Hitchcock, The Lodger (1926); il confronto fra i due protagonisti maschili ricorda quello dell’Altro uomo (persino il particolare del fermacravatte risale a quel film di vent’anni prima); la sessualità vissuta in modo patologico rievoca immediatamente Psyco. Al di là poi ditemi e spunti caratteristici di un po’ tutta l’opera del regista, quello che fa di Frenzy un film veramente hitchcockiano è la sua felicità narrativa e la potenza delle soluzioni visive. A proposito di queste ultime, solo qualche esempio: la sconvolgente lividezza espressionista della sequenza sul camion; il contrasto, ironico e amaro, fra le ariose, trionfali inquadrature d’inizio, che mostrano una maestosa Londra dall’alto, e l’immagine cupa, quasi catacombale, del baule nell’appartamento di Rusk, appropriato suggello finale. E, soprattutto, tre inquadrature, dove scompaiono personaggi e rumori, e rimane solo l’occhio della macchina da presa, che, muta e atterrita, testimonia allo spettatore l’inevitabilità del male: l’inquadratura – immobile e interminabile – che mostra l’edificio dove ha sede l’agenzia matrimoniale, in attesa dell’urlo della segretaria che scopre il cadavere di Brenda; l’inquadratura durante la quale la macchina da presa arretra lentamente dalla porta dell’appartamento di Rusk (dove di lì a poco si consumérà l’omicidio di Babs), scende le scale e giunge fino in strada, dove ricompaiono suoni e persone della vita di tutti i giorni (l’orrore si mescola alla quotidianità più banale); l’inquadratura, infine, in cui appare, al di là di una porta a vetri, l’aula del tribunale dove si sta pronunciando la sentenza contro Dick Blaney: dietro quella porta chiusa, per alcuni istanti, la voce del giudice non è più udibile, per quanto lo spettatore frema per sapere; quando poi la porta viene

commento visibile quì:

https://www.mymovies.it/film/1972/frenzy/

tres, che oggi vi propone questo film rippato dal mio DVD

2 replies to “FRENZY (Alfred Hitchcock)

  1. Aggiungo che avevo un conto bancario con IW Bank, poi questa e stata comprata (con un azione ostile da FIDEURAM di Banca Intesa, una manica di ladri! Statene alla larga!

    tres

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