Regia di Alfred Hitchcock un film con Joseph Cotten, MacDonald Carey, Teresa Wright, Henry Travers, Patricia Collinge. Titolo originale: Shadow of a Doubt. Genere Drammatico – USA, 1943
Dopo il successo di Sabotatori (1942), girato per la Universal, Hitchcock ebbe immediatamente l’opportunità di realizzare un secondo film per conto della stessa casa di produzione. Disponeva di un budget limitato, ma il progetto sarebbe stato completamente sotto il suo controllo, il che costituiva una novità rispetto ai film precedentemente girati in America. Il regista si imbatté nel soggetto assolutamente per caso: Mangaret McDonell, responsabile della sezione soggetti di Selznick, gli parlò un giorno di un’idea a cui stava lavorando il marito Gordon, un romanziere; Hitch li invitò a pranzo e insieme abbozzarono rapidamente la trama. In seguito Gordon McDonell buttò giù nove cartelle e Hitchcock acquistò il soggetto. La vicenda si svolgeva in una cittadina americana di provincia e fin dall’inizio Hitchcock attribuì grande importanza alla rappresentazione della vita e degli abitanti del luogo. Fino ad allora Hitch aveva girato negli Stati Uniti due film ambientati in Inghilterra (Rebecca e Il sospetto), due film di spionaggio in cui l’azione si spostava in varie località (Il prigioniero di Amsterdam e Sabotatori), e una commedia tutta incentrata sul rapporto fra due coniugi (Il signore e la signora Smith); dopo quattro anni di permanenza negli Stati Uniti il regista britannico si sentiva evidentemente pronto ad affrontare la realtà di una cittadina americana nei suoi aspetti più quotidiani. Fu soprattutto per questo che chiese al drammaturgo Thornton Wilder – di cui aveva molto apprezzato la commedia Piccola città -se era interessato a collaborare alla sceneggiatura. Mentre in Inghilterra aveva sempre ottenuto l’assenso di divi e scrittori di fama, negli Stati Uniti Hitchcock – ancora sottovalutato – aveva subito più di un rifiuto. Wilder invece accettò di buon grado la proposta e Hitch gliene fu profondamente grato, al punto da voler dedicare allo scrittore uno speciale ringraziamento nei titoli di testa del film. Ricorda il regista nel libro di Truffaut: “[…] mi ha fatto subito molto piacere, e sono rimasto estremamente soddisfatto, quando ho saputo che uno dei migliori scrittori americani era pronto a lavorare con me e a prendere il suo lavoro sul serio”.
Con Wilder Hitch approfondì dunque gli aspetti relativi alla rappresentazione della cittadina, prestando particolare attenzione alla scenografia. Per la prima volta dacché era negli Stati Uniti, il regista si recò a compiere dei sopralluoghi con lo scrittore prima di cominciare a lavorare sulla sceneggiatura; dopo alcune ricerche fu scelta infine la cittadina californiana di Santa Rosa.
Wilder partì volontario per la guerra ancora prima che la sceneggiatura fosse del tutto terminata; per alleggerire l’atmosfera del dramma, Hitch affidò allora lo script a Sally Benson, che aveva dimostrato altrove una notevole abilità nella rappresentazione di scene domestiche. Infine, nell’estate del 1942, le riprese a Santa Rosa ebbero inizio. Data la grande libertà d’azione che la Universal gli aveva concesso, fu Hitch stesso a occuparsi della scelta del cast e della troupe. Fin dall’inizio si stabilì sul set un’atmosfera piacevole e cordiale. Ricorda Teresa Wright: “Durante le riprese ci fece sentire a nostro agio […] Sentivamo che potevamo avere fiducia in lui; ci forniva una guida ma ci infondeva anche un senso di libertà […] Eravamo la prima compagnia che girava a Santa Rosa e i cittadini parteciparono in massa, in un modo o nell’altro. Furono tutti splendidi con noi, anche quando le nostre riprese notturne interrompevano la loro placida routine”. Gli abitanti di Santa Rosa accolsero dunque volentieri la troupe e contribuirono al film con suggerimenti e consigli; alcuni interpreti -come ad esempio la sorellina di Charlie, Ann – furono reclutati sul posto. Le riprese a Santa Rosa furono seguite da quelle negli studi della Universal, per le scene degli interni e quelle con i trasparenti. Il film, uscito agli inizi del 1943, riscosse un buon successo.
Panoramica sinistra/destra: un ponte, la riva di un fiume dove giace la carcassa di un’automobile; poi dei bambini che giocano a palla per strada. Un paio di inquadrature ritagliano obliquamente la facciata dell’edificio (numero civico 13) in cui si trova zio Charlie; lui giace a letto, apatico, e fuma. Quando l’affittacamere abbassa la tendina, un’ombra inquietante -sottolineata dalla musica -cala sul suo volto; solo allora egli si alza: come un vampiro, ha bisogno del buio (altri indizi di questa sua natura “vampiresca” sono il suo rifiuto a venire fotografato, il suo approccio alle donne che poi uccide per “succhiar” loro denaro, la sua capacità di corrompere e contaminare ciò che gli è intorno, il richiamo al medesimo sangue che scorre nel vene sue e della nipote, e infine un preciso riferimento che a un certo punto viene fatto alla storia di Dracula). Due inquadrature dall’alto -in entrambe, sulla destra, si insinua un evidente angolo d’ombra -precisano ancor meglio di quelle iniziali la desolazione del quartiere urbano. Con un’abilità che ha dell’inspiegabile, zio Charlie si sottrae ai poliziotti venuti a cercarlo. Una panoramica destra/sinistra lo mostra su un tetto, con l’inseparabile sigaro: sembra esser riapparso il diavolo in persona, avvolto dai suoi fumi sulfurei. Poi, Santa Rosa: immagini liete, serene; un poliziotto sorridente, viali alberati, edifici dalle facciate linde e chiare. Eppure anche la piccola città di provincia genera apatia, depressione e insoddisfazione (se non addirittura incubi: vedi Gli uccelli): la giovane Charlie giace sul letto come lo zio, anche se dalla parte opposta. I due Charlie si sentono, si avvertono, si richiamano a vicenda, sono ciascuno il doppio dell’altro. Lo zio giunge alla stazione e dalla locomotiva si alza un fumo nero, smisurato; man mano che il treno si avvicina, l’ombra invade sempre più la banchina.
Quadretto familiare a tavola, la sera; i due Charlie si appartano in cucina e lui le infila l’anello come uno sposo durante la cerimonia nuziale. Vi è qualcosa di incestuoso in questo rapporto fra zio e nipote: se ne renderà conto la ragazza più tardi, durante la visita dei due presunti funzionari. La ragazza si rivolge al suo futuro fidanzato e gli parla, estatica, dello zio: “E quando penso che la vita, dacché è venuto zio Charlie, è cambiata a tal punto, gli voglio sempre più bene!”. Poi, improvvisamente inquieta, quasi angosciata, come se avesse compreso qualcosa proprio in quell’istante: “Lei vuol forse dirmi che non dovrei volergli tanto bene?”; e subito dopo si stringe la mano con l’anello, in un gesto tormentato.
commento visibile qui:
https://www.mymovies.it/film/1943/lombra-del-dubbio/
tres, che dopo un lunghissimo tempo senza PC, vi propone questo film dal portatile
https://mega.nz/file/jm5QgITZ#WD7OHMAxbnJPdUskdmmcFArqH3e_n3jKRjfBSBhvC_U