Mystic River ( Clint Eastwood )

Regia di Clint Eastwood un film  con Sean PennTim RobbinsKevin BaconLaurence FishburneMarcia Gay HardenLaura Linney Genere Drammatico – USA2003durata 137 minuti

Ci siamo abituati davvero male al cinema hollywoodiano.
Se un tempo parlare di “cinema europeo”, di “cinema orientale” o di “cinema americano” significava semplicemente individuare una marca stilistica piuttosto che un’altra, poco più che piantare dei segnali per muoverci all’interno di un flusso in realtà ben poco distinto e frammentato, oggi i contorni si sono fatti molto più netti. Come continenti alla deriva i luoghi di produzione cinematografica si sono allontanati tra loro, si sono isolati, hanno percorso storie ed evoluzioni diverse. Basti pensare al fenomeno dei remake che tanto Hollywood quanto Bollywood fanno l’uno dei film dell’altro: i produttori avvertono l’esigenza di dare al “proprio” pubblico un prodotto ad esso più congeniale, un prodotto “normalizzato”. I film – a parere dei produttori – non basta più tradurli dal punto di vista linguistico, vanno tradotti nella forma, nel contesto, nell’ambientazione, nei valori che ispirano i personaggi e nell’ottica di chi li andrà vedere. Vanno rifatti. È per questo motivo che il protagonista latino benestante di Abre los ojos non è credibile agli occhi dello spettatore medio occidentale, e perciò bisogna farlo diventare uno W.A.S.P. con tanto di complesso edipico e faccia da Tom Cruise in Vanilla sky – sempre a parere di produttori che danno per scontata l’esistenza dello “spettatore medio”. Perciò il cinema americano ha assunto nella nostra concezione una connotazione ben specifica, e ci aspettiamo da esso quanto esso ci ha sempre offerto. Il primo commento che ho sentito alla fine di Mystic River è stato “non mi è piaciuto, è un’americanata”. Come se un film americano potesse in qualche modo non essere americano.
Siamo abituati male al cinema di Hollywood perché siamo sicuri che ogni film lì prodotto abbia bisogno di effetti speciali, di risvolti imprevedibili della sceneggiatura, di happy ending, per tenerci a bocca aperta davanti allo schermo per due ore e venti.
E allo stesso modo siamo abituati male perché gridiamo al miracolo ogni qualvolta un filmaker americano usa un linguaggio filmico che va in controtendenza rispetto al canone.
Siamo abituati male perché vedendo un film dobbiamo rintracciarvi un’affiliazione: è un film che segue il canovaccio delle produzioni hollywoodiane o lo contesta e se ne distacca?
Guardando Mystic River viene il sospetto che esista un cinema americano, fatto tanto da giovani appassionati quanto da leggende viventi di nome Clint Eastwood, che sinceramente se ne infischia di fare o non fare un certo tipo di film; che non se lo chiede se vuol lanciare un messaggio che sia pro o contro lo status quo. Che nemmeno ci pensa a lanciare un messaggio.
Viene il sospetto che certe storie, semplici ma che ci rapiscono e non ci lasciano più andare, possano essere nate davvero dalle esperienze e dalla fantasia di chi ce le racconta e non all’interno del fiume autoreferenziale della narrativa – di ogni tipo – contemporanea.
Viene il sospetto che l’America, aldilà del fatto che sia un posto bello o brutto, innocente o criminale, buono o cattivo, sia anche un posto dove gente vera vive vite vere, fa cose tutto sommato non grandiose e poi muore. E in mezzo a questa gente c’è qualcuno che ha il talento di raccontare storie, di raccontare il proprio mondo, né bello né brutto: il proprio mondo e basta.
Viene il sospetto che negli Stati Uniti ci sia spazio e fermento per qualcosa che, non senza un brivido, potremmo un giorno chiamare “neorealismo americano”. Mystic River è un film sincero e spregiudicato, che racconta senza isterismi una storia allucinante, come fanno al bar gli amici dopo il lavoro. Immune dall’ossessione da documentario tanto in voga in questi giorni, Eastwood non ha l’intento di raccontare una storia vera attraverso i volti di esordienti, perciò si affida senza timore ad un cast di attori di fama e spessore indiscussi per realizzare questo capolavoro: il bravo Kevin Bacon, il magnifico Tim Robbins e uno Sean Penn che se già era grande, con Mystic River è divenuto un gigante.
La storia ha un retrogusto italiano e, non a caso forse, richiama il pluripremiato La stanza del figlio di Moretti, nella prima parte, e l’Abel Ferrara – che di cinema italiano se ne intende – più ossessionato nella seconda. Una trama che parte come mille altre ma che lentamente si insinua sotto la nostra pelle, lasciandoci capire tutto quello che succederà, mettendoci però addosso la smania di sentirlo raccontare fino in fondo. Le cose non vanno complicandosi in sottotrame sempre più fitte e intricate, come ci aspetteremmo, ma vanno chiarendosi in un modo che le rende ancor più agghiaccianti: quando dovremmo scoprire chi sono i buoni e chi sono i cattivi, scopriamo che sono, banalmente, tutti buoni e tutti cattivi (soprattutto cattivi). Drammaticamente normali.
Mystic River, ventiquattresimo film di Clint Eastwood, lascia in bocca l’amaro che già avevamo provato col meraviglioso Un mondo perfetto, misto allo stupore che si prova quando si assiste ad uno spettacolo monumentale: un gusto particolare che capita di provare tanto raramente e forse per questo è impossibile da dimenticare.

commento di Davide Morena visibile quì:

https://www.mymovies.it/film/2003/mysticriver/

tres, che anche oggi rompe il silenzio e vi propone un bel film, rippato dal mio DVD

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