Regia di Alfred Hitchcock un film con James Stewart, Farley Granger, John Dall, Cedric Hardwicke, Constance Collier Titolo originale: Rope. Genere Giallo – USA, 1948,
Il primo film della Transatlantic Pictures fu proprio Nodo alla gola, tratto da un’opera teatrale di Patrick Hamilton del 1929. Si ispirava al famoso caso Leopold-Loeb: due studenti di Chicago, legati fra loro da una relazione omosessuale, avevano ucciso un loro compagno per il puro gusto di uccidere e di manifestare la loro superiorità rispetto alla gente “comune” (la vicenda è stata anche alla base di Frenesia del delitto di R. Fleischer, del 1959, e di Swoon di T. Kalin, del 1991). L’azione teatrale si svolgeva in tempo reale – dalle 19.30 alle 21.15 – all’interno di un appartamento; non nuovo a sfide del genere (I prigionieri dell’oceano, del 1943, si svolge interamente su una scialuppa di salvataggio), Hitch pensò di sottolineare ulteriormente la continuità dell’azione filmando l’intera vicenda in un’unica inquadratura, senza stacchi di montaggio (v. pagina 14). Bernstein si mostrò perplesso, ma Hitchcock riuscì a convincerlo.
La versione cinematografica non si discostò molto dall’opera teatrale, di cui furono mantenuti anche alcuni dialoghi (proprio questi ultimi subirono dei tagli da parte della censura, che richiese l’eliminazione di qualche frase relativa all’omosessualità dei due protagonisti). La vicenda fu ambientata a New York, in un attico con vista sui grandiosi grattacieli di Manhattan. Naturalmente girare l’intero film in un unico piano-sequenza fu un vero tour de force, anche per un regista come Hitchcock, per il quale calcolare le riprese al millimetro ancor prima che iniziassero era già un’abitudine. Di più: poiché un caricatore della macchina da presa poteva contenere al massimo 300 metri di pellicola (per una durata di circa dieci minuti), dovevano necessariamente esserci degli stacchi e delle giunte di montaggio. Come raccontò poi a Truffaut, Hitch risolse ingegnosamente il problema “facendo passare un personaggio davanti all’obiettivo per oscurarlo proprio nel momento preciso in cui la pellicola del caricatore finiva. Così c’era un primissimo piano sulla giacca di un personaggio e all’inizio della bobina successiva si riprendeva ancora col primissimo piano sulla sua giacca”. Quello che Hitch – per alimentare il mito di Nodo alla gola – volutamente o-mette di dire è che non tutti i raccordi sono ottenuti in questo modo: a causa di motivi tecnici relativi alla proiezione del film, l’espediente di cui parla Hitchcock non era sempre possibile e per ben cinque volte infatti sono presenti veri e propri stacchi di montaggio (v. riquadro qui a lato). Ad ogni modo quello che conta è l’intenzione del regista – fra l’altro ampiamente pubblicizzata – di realizzare un unico piano-sequenza.
Naturalmente questa modalità di ripresa imponeva il massimo affiatamento della troupe, per evitare costosi rifacimenti di intere bobine; gli attori, oltre a sapere la loro parte alla perfezione, dovevano ricordare esattamente come e quando muoversi, così come gli operatori e tutti gli altri tecnici. Dato che il suono era registrato in presa diretta (ma secondo una testimonianza di James Stewart fu poi necessario doppiare i dialoghi), tutti quelli che lavoravano sul set dovevano evitare il minimo rumore; a tale scopo era stato fatto costruire un pavimento speciale (si noti poi che nella colonna sonora del film, a parte l’inizio e pochi secondi nel finale, la musica “extradiegetica”, esterna al racconto, è del tutto assente; quella che si ascolta – il piano di Philip, i ballabili suonati dal giradischi – è “interna” alla storia). Dopo dieci giorni di prove con la macchina da presa, gli attori e l’illuminazione (anche questa molto importante, visto che l’azione comincia nel tardo pomeriggio e si conclude dopo il tramonto, con le luci al neon della pubblicità che cominciano ad accendersi), si passò alle riprese vere e proprie, che durarono ventisette giorni. Nove di questi furono spesi a rifare cinque bobine: in proiezione Hitchcock si era infatti reso conto che il colore arancione del tramonto risultava – a causa dell’imperizia dell’operatore – troppo intenso e volgare. Già, perché oltretutto si trattava per Hitch del primo film a colori (e con questa novità infrangeva la tradizione che voleva i film noir rigorosamente in bianco e nero); grazie alla sua consueta previdenza il regista aveva ottenuto dalla Technicolor di far stampare immediatamente la pellicola a colori man man che veniva girata, in modo da vedere i risultati prima del termine delle riprese (di solito la prima copia era stampata in bianco e nero e solo successivamente a colori). Tanta attenzione al colore e all’illuminazione non era naturalmente finalizzata solo a una rappresentazione realistica dell’ambiente: le variazioni cromatiche sono infatti in stretto rapporto con il climax emotivo della vicenda.
La grande fatica del regista e dei suoi collaboratori venne infine premiata da un discreto successo di pubblico e di critica, anche se l’accoglienza ricevuta da Nodo alla gola non fu entusiastica come Hitchcock si sarebbe forse aspettato.
A quale ammiratore di Hitch, a quale cinefilo non sarebbe piaciuto assistere alle riprese di Nodo alla gola, vero e proprio spettacolo esse stesse? La macchina da presa, gli attori, i macchinisti addetti a spostare le pareti del set dovevano muoversi con la precisione e la sincronia di una compagnia di ballo. È naturale che la particolare modalità di ripresa sia l’aspetto del film che si cita più frequentemente quando si parla di Nodo alla gola. Come osserva Truffaut, un film del genere “è la realizzazione di un sogno che ogni regista deve accarezzare in un certo periodo della sua vita, il sogno di poter legare le cose in modo da ottenere un solo movimento”. E la continuità della ripresa riman4a anche allo svolgersi ininterrotto della pellicola, al fluire senza sosta delle immagini, al “farsi” e all'”essere” del cinema. Ma sull’uso del piano-sequenza in Nodo alla gola sono possibili anche altre interpretazioni. La macchina da presa “lega”, come una corda (il titolo originale del film è Rope, “corda”), tutti i personaggi del dramma – compreso lo spettatore, che proprio tramite la macchina da presa “entra” nell’appartamento come un altro invitato -, avvolge i colpevoli fino a immobilizzarli, come essi avevano fatto con la loro vittima. E il funambolico esercizio di abilità tecnica del regista, il suo “camminare sulla corda” corrisponde a quello tentato da Brandon nell’organizzare la sua atroce e assurda messa in scena; e se è crudele e terribile godere di un assassinio e desiderare addirittura un pubblico per questo, forse Hitch suggerisce che egli stesso si sente colpevole, come colpevole è Rupert: certo Hitchcock non uccide, ma non fa anch’egli del delitto uno spettacolo, che avvince e persino diverte? E tuttavia rimane uno dei pochissimi registi capaci di avvertire e comunicare l’orrore del delitto che rappresentano. In Nodo alla gola l’orrore è nell’urlo di David fuori campo, nel gesto di Brandon che sente il cuore cessare di battere (com’è terribilmente facile uccidere!); è nel respiro affannoso degli assassini, nei loro lineamenti stravolti, nella vergogna di Philip all’accendersi della luce; è nei guanti indossati dai complici, nella cassapanca-sarcofago imbandita da questi epigoni di Atreo, nella corda impudicamente ostentata e riutilizzata da Brandon; è nell’assurda banalità della conversazione e dei gesti che hanno luogo mentre David è lì, morto; è nelle mani impure di Philip, il pianista, nel suo desiderio che sia stato tutto un incubo (in quel momento, quanto lo vorrebbe anche lo spettatore!); è nelle risposte addolorate dell’anziano signor Kentley al discorso di Brandon, nella sua ansia e nella sua pena per il figlio”.
commento visibile quì:
https://www.mymovies.it/film/1948/nodoallagola/
tres, che anche oggi vi propone un bel film (rippato dal mio DVD) e vi raccomanda di maledire sia lo studio Barili che la STEL!
https://mega.nz/file/0VUwlYaA#K8NunSOdrESuIfMBjh3yHHYi5JrENnas0YR-gjOMpCE